Home » News » “Rumore bianco”, il corto di Alessandro Porzio
“Rumore bianco”, il corto di Alessandro Porzio
Ha 27 anni, si chiama Alessandro Porzio ed è l’autore di “Rumore bianco”. È un giovane regista con tanta voglia di crescere, ma – parole sue – con calma. Viene da Sammichele di Bari, ed è in gara nella sezione corti con “Rumore bianco”, pronto a mettere in difficoltà la giuria. Conosciamolo meglio.
Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi è …?
Spero di non saperlo mai. Dovessi, un giorno, credere di conoscermi fino in fondo, metà delle mie curiosità andrebbero perse e con loro la spinta a fare quello che faccio. Sono un ragazzo di 27 con pochissimo senso dell’umorismo (ironia a parte) ed una forte volontà di crescere ancora sotto ogni tipo di sguardo consapevole che il “difficile” è sempre ciò che ancora deve capitarti.
Tre domande da appassionato: qual è il suo regista preferito e il film/cortometraggio che non smetterebbe mai di rivedere? Perché?
Amo particolarmente Julian Schnabel ma anche Marco Bellocchio. Non saprei scegliere. Non saprei scegliere nemmeno tra le loro opere quale non smetterei mai di guardare. Ognuna non si limita solo ad essere un oggetto filmico posto davanti agli occhi di chi guarda.
Forse lo “scafandro e la farfalla” di Schnabel se proprio devo scegliere, per il filo narrativo che lega le vicende di una parte dell’esistenza del protagonista.
Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trova gli spunti per realizzare le sue opere?
Le storie inizialmente non nascono mai per diventare o essere un cortometraggio. La maggior parte delle volte le si adatta, ci si limita a raccontare il succo dell’idea. Le si comprime così forte che diventano a nostra insaputa molto più funzionali di prima. Perché asciutte, perché prive di contorni inutili. Ed allora efficaci, come un cortometraggio deve essere. Personalmente mi guardo intorno e mi limito a raccontare. Niente di più.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?
Trovo interessante la fase dinamica. Il girato vero e proprio, il silenzio. La tensione mischiata alla poesia che si accumula quando sei sul set prima di un take. Non c’è nulla di difficile o di facile nella realizzazione di un Film breve o lungo che sia. Bisognerebbe acquisire una certa maturità per prendere in giro le due fasi e vivere nel migliore dei modi quel momento lì.
Corto è davvero più bello?
No. Corto è davvero più nauseante. Perché, essendo appunto corto, la fase di post-produzione diventa un continuo farsi domande, minuto per minuto. Sei attento a tutto. Ad ogni cosa. Perché un po’ come un filo che lega tra loro i minuti. Se ce n’è uno un pochino consumato, rischia di far cadere l’intera struttura. Nel Lungometraggio qualcosa è diverso. Puoi parare altrove. Nel corto no.
Qual è il suo stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, deve rinunciare ad una scena ben fatta?
Per fortuna non mi è ancora capitato di dover litigare con la mia montatrice.
Almeno in “Rumore bianco” essendo quest’ultimo un piano sequenza, ho incontrato problemi di questo genere.
Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?
I gusti del grande pubblico sono parallelamente riconducibili ai film proposti. È un gioco al doppio. E’ una carta con la stessa figura da entrambe le parti. Perché il pubblico va vedere cosa gli viene proposto.
Le nuove idee non possono essere lanciate nel vuoto. Va educato pian piano il pubblico. Vanno limitati i film da botteghino, quelli che “visto uno, visti tutti”, per il semplice fatto che nulla succede per caso. Vanno inseriti in distribuzione Film autentici, autoriali, affinché si possano assorbire. Qualcosa deve cambiare, ma deve necessariamente avvenire con calma, senza fretta. Siamo la nazione con più dell’85% di patrimonio culturale del pianeta. Ci meritiamo di più anche dalle scelte dei produttori stessi.
Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…
Non capita tutti i giorni di vincere l’Oscar. Io sarei rimasto qualche secondo di più sul palco scenico e non avrei ringraziato Maradona ma Antonioni, da grande tifoso Fiorentino quale sono. Comunque Oscar meritato.
Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?
Rumore bianco è una bella sorpresa anche per me. Dopo la finale ai Nastri D’argento e il premio come miglior opera alla Mostra del Cinema di Barcellona pian piano ha smesso di esserlo, diventato una bellissima e costruttiva esperienza.
È una bella sensazione che viene dopo tanto sacrificio da parte mia e di tutta quella gente che ha lavorato al Film. Il David è il David.
Prossimi progetti? Il sogno nel cassetto?
Ho scritto e diretto un nuovo lavoro dal titolo “Niente” che ha avuto la fortuna di essere presentato in anteprima nazionale al Bif&st 2014. Per quanto riguarda il sogno. Forse quello citato nella prima domanda e cioè crescere, maturare artisticamente e come persona, ma con calma.