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Antonio Ruscigno e il suo “Play/Rec”
È l’autore di “Play/Rec”, si chiama Antonio Ruscigno, viene da Barletta ma vive a Pisa da sempre. È in lizza per entrare nella cinquina finale, pronto a mettere in difficoltà la giuria. Conosciamolo meglio.
Finora dove ha trovato i protagonisti per le sue storie?
Ci sono due posti, meravigliosi (permettetemelo), dove spesso e volentieri “capito” e trovo spunti per storie e protagonisti: il mondo fuori e il mondo dentro di me. Due luoghi fantastici con cui gioco approfondendoli, stuzzicandoli, provocandoli. A volte spaventano, a volte invece affascinano, ma sempre mi fanno innamorare di questo “mestiere”.
È capitato che abbia cambiato idea su come procedere in fase di scrittura della sceneggiatura?
Certo. Le idee, spesso e volentieri, cambiano, si evolvono, addirittura a volte succede di cambiare completamente rotta. Spesso è dura da accettare, ma se il fine è quello di migliorare la storia, passa in fretta e la gioia di aver fatto comunque un bel lavoro ricompensa tutto.
Quale corto di sua realizzazione offrirebbe come biglietto da visita ad un produttore cinematografico?
Attualmente, senza ombra di dubbio, “Play/Rec”. Lo trovo completo, dall’idea al tema trattato. Inoltre mi ha dato la garanzia di aver raggiunto una giusta maturità sotto ogni profilo, artistico e personale. Motivo per cui gli sono particolarmente affezionato.
Quale fase lavorativa la impegna maggiormente?
Tutte le fasi lavorative di un film, in un modo o nell’altro, impegnano. La cosa più bella però è non sentire la fatica. E non c’è cosa più bella di farlo pensando che sto realizzando un sogno. Il mio sogno.
Che rapporto hanno le generazioni digitali con il cortometraggio?
Bella domanda. Di certo c’è che con l’avvento del digitale, al giorno d’oggi, è più semplice girare un cortometraggio. Il problema, però, è capire quanto il mondo intorno alle generazioni digitali sono coscienti dell’importanza di un cortometraggio.
La selezione del casting come avviene?
Semplice: prendi una casting director meticolosa (Valeria) ed un regista esigente e il gioco è fatto. È quasi impossibile trovare il volto identico a quello che ti eri immaginato, però è fondamentale trovare la faccia giusta. Se poi, alla faccia si può aggiungere anche un pizzico di bravura, il risultato finale è assicurato.
Adoro lavorare con gli attori, anche in fase di selezione e devo ammettere che per “Play/Rec” ho trovato e lavorato con attori eccezionali: Francesco, Valeria e Paola sono stati fantastici fin dal primo secondo del casting.
Il corto è ancora lo strumento di promozione per un regista emergente?
Credo che il corto sia uno dei pochi strumenti di promozione per un regista emergente. Forse, andrebbero più valorizzati, pubblicizzati, perché di talenti in giro ce ne sono tanti. E sarebbe un peccato non scoprirli.
È possibile, spinti dalla sola passione, realizzare un corto di successo?
Quando c’è passione c’è tutto. “Play/Rec” è il mix di tante passioni, quelle della mia troupe, Francesco, Fabio, Valeria e Graziano che non smetterò mai di ringraziare. Purtroppo, però, non si campa di sola passione e qualche spicciolo serve.
Quanto denaro è necessario per la realizzazione di un cortometraggio?
Sempre un euro in più di quello che serve. Perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.
Le agenzie ed i festival nazionali che ruolo hanno oggi?
Io credo che hanno un ruolo fondamentale e non solo per la promozione. Sì perché aiutano a capire quanto il tuo film arriva alle persone, se viene compreso, amato o odiato. Servono per mettersi in gioco, per migliorare e poi ancora imparare. Altrimenti, cosa “giriamo” a fare?