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“Malatedda”, regia di Diego Monfredini
Porta la sua idea di cinema al David di Donatello con il corto “Malatedda”. Si chiama Diego Monfredini, e proverà a mettere in difficoltà la giuria. Conosciamolo meglio.
Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi è …?
Sono un piccolo creativo di provincia, videomaker: cioè mi occupo anche della sceneggiatura e del montaggio dei miei lavori. Credo nel cinema da trekking, quello che si fa con i 10 chili che puoi portarti in uno zaino, e a volte scalzo. Che magari non resta, perché piccolo piccolo e dura un pugno di secondi, ma ti fa camminare in posti che non ti sogni e ti fa conoscere gente buona e interessante.
Tre domande da appassionato: qual è il suo regista preferito e il film/cortometraggio che non smetterebbe mai di rivedere? Perché?
L’uomo che non c’era dei fratelli Coen, Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, o ancora Memento di Chistopher Nolan… Non chiedetemi perché, ci sono film che ti prendono e basta, e non sai spiegarti il perché…
Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trova gli spunti per realizzare le sue opere?
Divoro tantissimo cinema, in sala soprattutto, e guardare tanto aiuta perché ti semina qua nella testa dei dati, degli spunti. Quando per magia o fortuna si uniscono cominciano a formare una ragnatela. Quella forse è un’idea. Sicuramente viaggiare, meglio se solo con te stesso, ti mette nelle condizioni ideali.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?
La cosa più facile è pigiare “play”, la più difficile schiacciare “stop”.
Corto è davvero più bello?
Certamente la forma linguistica del cortometraggio rappresenta un formidabile terreno di sperimentazione. È come ascoltare un singolo in relazione ad un intero album, o leggere un aforisma anziché un romanzo. Credo che il cortometraggio non debba, almeno per modesto gusto personale, scimmiottare il cinema dei lungometraggi creando piccoli film di dieci minuti. No. La grandezza del corto è in questo suo limite, la possibilità di condensare tutto in una manciata di minuti e di porsi a più piani di lettura. Il cortometraggio ideale per me è quello che potresti riguardare in loop e trovare sempre una sfumatura nuova.
Qual è il suo stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, deve rinunciare ad una scena ben fatta?
Io giro in digitale, la pellicola è da fighetti.
Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?
Per il momento ho sempre realizzato in prima persona i miei lavori senza un euro di budget. Il rapporto con la figura di un produttore mi manca, ma mi spaventerebbe la sua eventuale ingerenza.
Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…
Non ho la presunzione di schierarmi nel giudizio, certamente ho trovato divertente la battaglia che si è scatenata sui social tra osannazioni e detrazioni. Un regista non può che essere contento se il suo film divide e fa parlare di sé.
Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?