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“Tacet: 7’33””, regia di Laura Catalano
È la regista di “Tacet: 7’33””, si chiama Laura Catalano, al David nella sezione cortometraggi. Scopriamo insieme un pezzo del suo percorso che l’ha portata fin qui.
Finora dove ha trovato i protagonisti per le sue storie?
Quando scrivo una storia immagino un volto. Nel momento in cui poi la storia prende vita cerco di avvicinarmi il più possibile a quel volto che avevo immaginato, cercando tra attori che conosco o attraverso i siti delle agenzie. Almeno, così ho fatto finora.
È capitato che abbia cambiato idea su come procedere in fase di scrittura della sceneggiatura?
Si. A volte capita che la storia si presenti già completa, altre che devo costruirla lentamente. Spesso la faccio leggere ad altre persone per capire se può interessare, affascinare, ma soprattutto funzionare. A volte rimane ferma per mesi, fino a quando poi improvvisamente non mi viene in mente un’idea che la stravolge.
Quale corto di sua realizzazione offrirebbe come biglietto da visita ad un produttore cinematografico?
Attualmente, appunto, “Tacet: 7’33””.
Quale fase lavorativa la impegna maggiormente?
La fase pre-produttiva e la scelta degli attori.
Che rapporto hanno le generazioni digitali con il cortometraggio?
Il digitale ha dato la possibilità a tutti di esprimersi, perché più semplice. Oggi basta poco per realizzare un cortometraggio, ma questo vale anche per la fotografia, la pittura e l’arte in generale. Questo cambiamento ha, ovviamente, i suoi lati positivi e i suoi lati negativi. Positivi perché il digitale e la rivoluzione del web in generale hanno permesso una lavorazione e una fruizione facilitata, ma negativi in quanto spesso si crea solo perché è, appunto, facile farlo.
La selezione del casting come avviene?
Attraverso i provini. Cerco dei volti che si possano avvicinare alla mia idea del personaggio e poi vedo se riescono a fargli prendere vita.
Il corto è ancora lo strumento di promozione per un regista emergente?
Credo che il corto abbia perso un po’ del senso che aveva anni fa, e questo può essere ricollegato al discorso sul digitale.
È possibile, spinti dalla sola passione, realizzare un corto di successo?
Perché no? La passione è il motore del successo, anche se spesso l’impatto con la realtà porta degli ostacoli e dei conseguenti fallimenti.
Quanto denaro è necessario per la realizzazione di un cortometraggio?
Dipende dall’idea e da come si vuole realizzare, ma anche dal livello di professionalità che si vuole raggiungere. Il digitale ha permesso di abbattere i costi.
Le agenzie ed i festival nazionali che ruolo hanno oggi?
Credo che le agenzie oggi abbiano un potere abbastanza forte. I festival sono, invece, una buona vetrina.