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“Anna”, il corto a quattro mani di Diego Scano e Luca Zambolin

 

Diego Scano e Luca Zambolin collaborano alla regia del corto “Anna”. Il risultato non si fa attendere, e il loro lavoro arriva nella sezione corti del David 2014. Conosciamoli meglio.

Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi siete …?

Siamo Diego Scano e Luca Zambolin, entrambi di Padova. Collaboriamo alla realizzazione di cortometraggi da diversi anni.

Tre domande da appassionati: qual è il vostro regista preferito e il film/cortometraggio che non smettereste mai di rivedere? Perché?

Sono molti i registi che apprezziamo. Seguiamo con interesse il cinema proveniente dal centro e sud America che a nostro parere sta utilizzando linguaggi nuovi e affascinanti. Ad esempio “No” di Pablo Larraín, un film che tratta un importante periodo della storia politica cilena con intensità e intelligenza e “Post Tenebras Lux” di Carlos Reygadas che riesce a evocare e creare atmosfere al di là della narrazione, componendo quadri inesplorati ed estremamente umani.

Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trovate gli spunti per realizzare le vostre opere?

Fino a d’ora ci hanno incuriosito i personaggi che vivono nel nostro territorio, il Veneto, e il loro rapporto con il lavoro, con le persone e con la propria cultura.

La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?

Non crediamo ci siano cose semplici o difficili. È un insieme di fattori più o meno complicati che si presentano durante tutta la lavorazione del progetto.
Sicuramente una cosa molto complessa è il rapporto con il tempo: ottenere il giusto risultato nel poco tempo che si ha a disposizione.

Corto è davvero più bello?

Ogni storia porta con sé la sua durata. A certe bastano dieci minuti altre hanno bisogno di più tempo. In entrambi i casi ci possono essere buoni o cattivi risultati, indipendentemente dalla lunghezza del lavoro.

Qual è il vostro stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, dovete rinunciare ad una scena ben fatta?

Chiaramente dispiace ma in fase di montaggio bisogna avere una visione d’insieme. La cosa più difficile in questa fase è mantenere il giusto distacco dalle immagini che si sono portate a casa con fatica.

Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?

Sinceramente abbiamo ancora poca esperienza a riguardo. Ci riteniamo, però, molto fortunati ad aver lavorato con una produzione che ci ha dato la possibilità di esprimerci liberamente.
Volgiamo credere che portare avanti un’idea personale sia possibile, occorrono, forse, più fatica e tenacia.

Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…

Siamo contenti.

Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?

È una grande soddisfazione. È il coronamento agli sforzi di chi ha creduto nel progetto, partendo dai produttori di Jolefilm e Officina Immagini ai molti che ci hanno sostenuto nella sua realizzazione.

Prossimi progetti? Il sogno nel cassetto?

Stiamo lavorando alla scrittura di un lungometraggio in cui confluiscono i temi dei nostri precedenti corti: il rapporto dell’uomo con il lavoro e il territorio. La speranza è di riuscire a realizzare questo progetto.