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“Non vale quello che pesa”, di Antonio Amore
“Non vale quello che pesa”. È questo il titolo del cortometraggio di Antonio Amore, al David di Donatello 2014. Conosciamo meglio il regista scambiando qualche parola con lui.
Che vuol dire girare un cortometraggio oggi?
Mettersi alla prova per tentare di raccontare una buona storia in poco tempo e senza avere troppi mezzi a disposizione. Soprattutto permettersi di fare errori intelligenti.
Quale tipologie cinematografiche vengono meglio rappresentate da un cortometraggio?
Non credo sia una questione di genere o di tipologia. Credo, piuttosto, che sia sempre necessario puntare al racconto, alla storia, e attraverso quella emozionare chi guarda. Che si tratti di una commedia, di un Horror o di altro, può essere solo una questione di gusti. L’importante è il racconto, la forza comunicativa, l’empatia in un modo o nell’altro. Credo inoltre che se manchi tutto questo la tecnica possa aiutare fino ad un certo punto.
La perfetta sceneggiatura per un corto?
Semplice. Il genio conta poco.
Può scegliere una star di Hollywood con cui andare a cena. Chi sceglie?
Frank Capra.
Internet, smartphone, pc, tablet e chi più ne ha più ne metta. È Questa la nuova frontiera del cinema?
Sicuramente la tecnologia aiuta e permette a tutti di accedere ad un prodotto che prima era riservato a pochi. Ma questo non basta. Si grida spesso al miracolo di qualcuno che gira il suo film con un telefonino… poi lo si va a guardare e non si capisce il miracolo…
Per quanto riguarda i canali di trasmissione vale lo stesso discorso. Uno dei problemi principali è la capacità di distribuire un prodotto. I nuovi media aiutano in questa direzione. Ma non fanno selezione.
Com’è nato il suo cortometraggio?
Circa un anno e mezzo fa, era il 2012, mi trovavo su un autobus di Roma come passeggero casuale e inconsueto e ho sentito un anziano dire una cosa “…il grado di civiltà di un paese si misura sulla capacità che ha di prendersi cura dei suoi cittadini più deboli…”.
Il cortometraggio è cominciato quel giorno.
Qual è il suo film preferito?
Sono troppi i film preferiti. Se devo proprio citarne uno direi “Novecento” di Bernardo Bertolucci.
Quanto tempo ci vuole per girare un corto?
Pochissimo. Ma è necessario fare un ottimo lavoro in fase di pre-produzione per non avere problemi durante i giorni di ripresa. Anzi credo proprio che la pre-produzione sia la fase più importante.
Spesso il cortometraggio è associato al mondo del cinema indipendente. Per lei è un bene o un male?
Un male.
Quanto è importante la lunghezza? “Corto” è meglio?
Ribadisco l’importanza della storia e del racconto. La lunghezza dipende da quello. Ho visto cortometraggi splendidi da un minuto e da venti e in entrambi i casi non si sentivano altre necessità relative al tempo o alla lunghezza. Sicuramente bisogna saper usare e sviluppare una buona capacità di sintesi.