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Gabriele Sabatino Nardis è nei cinque
“Grandi sogni richiedono grande impegno”. Parola di Gabriele Sabatino Nardis, giovane regista de L’Aquila che grazie – per l’appunto – al suo impegno e al suo talento è oggi nella cinquina, tra i possibili vincitori della statuetta. A lui la parola.
Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi è …?
Se lo sapessi smetterei di essere chi sono. Sono un ricercatore. Una persona che si pone delle domande e prova ad andare oltre i confini della propria conoscenza. Un Ulisse che vuole oltrepassare le Colonne d’Ercole, o un Neo che sceglie la pillola rossa per vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio. Poi sono: figlio, nipote, fratello, amico, amante, sportivo, volontario, guerriero e saltimbanco. Ma queste sono altre storie. Studio cinema, filosofia, psicologia e pittura. All’anagrafe sono registrato come Gabriele Sabatino Nardis nato a L’Aquila il 24/12/1984.
Tre domande da appassionato: qual è il suo regista preferito e il film/cortometraggio che non smetterebbe mai di rivedere? Perché?
I maestosi Clint Eastwood e Visconti. Film preferito “Il Petroliere” ( “There will be blood” ) di Paul Thomas Anderson, perché è il film contemporaneo più vicino alla mia sensibilità visiva e narrativa. Ma quello che non smetterei mai di vedere è “L’arrivo del treno” dei fratelli Lumiere. Mi ricorda con semplicità cosa è il cinema.
Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trova gli spunti per realizzare le sue opere?
Osservando la Vita, gli essere Umani, la Natura. Ricerco storie nascoste tra le pieghe della realtà che chiedono di essere svelate e raccontate attraverso uno sguardo profondo. Il mio è intimista, esistenziale, estetico e mitologico. Penso che un regista sia come uno scrittore o un pittore di cui si studiano la poetica a scuola. Cosa scegli di raccontare è importante, ma quando trovi una tua poetica e la segui onestamente potresti raccontare con intensità anche l’uscita del caffè dalla moka.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?
Non esistono cose facili o difficili. Esistono cose che hai più chiare e cose che hai meno chiare. Cose che prepari bene e cose che prepari male. L’organizzazione è fondamentale, è lo scheletro della tua creatura. L’umanità di cui ti circondi per darle vita è altrettanto fondamentale, ne costituirà il corpo e il sangue. Spetterà a te regista, plasmarne la forma e dargli un’anima.
Corto è davvero più bello?
Per un giovane il cortometraggio è una tappa obbligata per dare forma ai propri sogni, fare esperienza, conoscere se stesso e dimostrare di saper fare qualcosa. L’importante è sapergli dare dignità narrativa tanto quanto un lungometraggio. Il corto è una forma di racconto autonoma, così come una novella lo è per la letteratura. Dipende da cosa vuoi raccontare e da come vuoi farlo. Non è la forma che scegli a definire se ciò che farai sarà bello o meno, saranno il coraggio, la professionalità e la passione che saprai alimentare a rivestire di magia la tua storia.
Qual è il suo stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, deve rinunciare ad una scena ben fatta?
Freddo come un chirurgo. Una mia insegnante mi ripeteva continuamente: “Un regista è il primo carnefice di se stesso”. Non sarai mai un buon regista se non saprai tagliare, sezionare, amputare, rincollare la tua creatura. Un regista non si affeziona a ciò che ha fatto, punta al meglio che con ciò che ha fatto può raggiungere.
Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?
Troppo spesso si dice che non si riescono a proporre idee nuove. In parte è vero. Ma poniamoci delle domane. Queste idee ci sono veramente? Chi ha una forte visione prima o poi viene fuori. Vedi Sorrentino. Se poi parliamo di differenziazione dell’offerta è un altro discorso. Generi come l’horror, la fantascienza ecc. non si realizzano. Il cinema italiano non fonda su un sistema produttivo. Il mercato è ristretto, con pochi spettatori, e pochi schermi. Domanda e offerta tendenti alla commedia o a film impegnati che non sempre rispettano gli spettatori. Il pubblico si abitua a ciò a cui lo abitui. Una storia ben raccontata coinvolge chiunque, qualunque sia la tematica che affronti. Chiedere a Clint Eastwood.
Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…
Ha diviso l’Italia. Siamo nella società dell’individualismo ad ogni costo, del “mi piace”, “non mi piace”, senza mettersi in discussione. Quanti si pongono delle domande? Qualcuno lo ha trovato noioso, non capendo che la “noia” aveva un senso in questo film. Questo perché siamo abituati a considerare la noia come negativa. La noia è la sede della riflessione e oggi tutti hanno paura di riflettere. Non si sa mai cosa si può scoprire… D’altronde lui lo dice: “è tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore”. Il film è complesso, ambizioso. Forse possiamo discutere di Sorrentino regista, di Sorrentino esteta, ma Sorrentino autore ha una forte personalità visiva, una forte poetica personale e qualcosa da dire al mondo. Ben venga che lo dica.
Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?
Un giovane regista ha bisogno di riconoscimenti. Vincere o non vincere non significa “sei promosso” o “sei bocciato”. Significa “rifletti”. Ogni selezione, ogni premio, è una pacca sulla spalla. “Lao” è un corto in cui ho creduto con tutte le mie forze, che ho voluto e desiderato. Mi sono battuto per portarlo a termine, trovando lungo il percorso, impareggiabili compagni di squadra. Le soddisfazioni all’estero e in patria sono già tante. Il riconoscimento del MiBAC è stato un ulteriore conferma che qualcosa di buono e onesto lo abbiamo fatto. Il David di Donatello è uno dei premi più importanti del cinema italiano che porta il nome di un Maestro dell’Arte. Essere inserito nella cinquina sarebbe un riconoscimento impagabile degli sforzi finora compiuti. Un “ehi ragazzo, all’Italia piaci”.
Prossimi progetti? Il sogno nel cassetto?
Il sogno fuori dal cassetto è girare un lungometraggio nei prossimi tre anni. In questo periodo scrivo molto, giorno e notte. Ho perfino smesso di avere una vita sociale degna della mia età. Grandi sogni richiedono grande impegno. Nella seconda metà dell’anno darò l’assalto all’Italia e al mondo finché qualcuno, rivolgendo gli occhi al cielo, griderà entusiasta: “s i p u ò f a r e!”. Il prossimo progetto immediato è “Abito”, un cortometraggio. L’ho sognato e risognato. È una poesia che mi risuona nella testa. A volte sento perfino una voce che mi dice: “girami!”. Per ora sono in fase di raccolta fondi, ma li dovessi trovare sull’ultima luna di Saturno, lo girerò. Se non altro per liberarmene. “Girami, girami, gir…” “Eh! Hanno capito!”. Avete capito vero?