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“Transhumances”, di Alexander Delnevo
Si chiama Alexander Delnevo, e con il corto “Transhumances” è al David 2014, sezione corti. Tanti i progetti già in fase di realizzazione, aspettando l’occasione giusta per girare il primo lungometraggio. Conosciamolo meglio in quest’intervista.
Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi è …?
La prima cosa che mi viene in mente leggendo la domanda è che sono un appassionato di Cinema, che si esercita da regista. Uno di quelli che, da bambino, aspettava impaziente il sabato pomeriggio per andare al cinema e che, oggi da adulto, si entusiasma a costruire castelli di trame e personaggi.
Condivido l’impresa con due “Compagni d’armi”, con i quali ho fondato il gruppo LACUNA INC.
Tre domande da appassionato: qual è il suo regista preferito e il film/cortometraggio che non smetterebbe mai di rivedere? Perché?
Rispondere con un solo nome?! Mi sembra di fare un torto! Quindi scelgo quello che per me ha significato di più, David Lynch, per un film in particolare, “Strade Perdute”, il cui stile visionario, il deciso richiamo al Surrealismo, la struttura narrativa sperimentale sono state una folgorazione, che mi ha fatto capire che questa era la mia Strada.
Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trova gli spunti per realizzare le sue opere?
Tutto può diventare una storia, quello che ci circonda, quello che viviamo. I soggetti a volte si nascondono dentro un libro, un quadro, altre volte è un lampo, che ti si manifesta all’improvviso e poi pian piano tutta la storia si dipana sotto ai tuoi occhi.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?
Se il budget è ridotto, tutto è difficile. È un’impresa coordinare, prendere decisioni al volo, restare nei tempi, non tralasciare i dettagli, ma il Cinema, fortunatamente, ha una buona dose di imprevedibilità, e può accadere che una scena difficile, che ti ha fatto letteralmente perdere il sonno, sia incredibilmente buona alla prima.
Corto è davvero più bello?
Diciamo che è una sfida, perché hai tante difficoltà, di mezzi, di tempi, ma allo stesso tempo devi riuscire a sviluppare la storia, a farla arrivare al pubblico. È un’arte a se stante, a mio avviso, con delle dinamiche diverse rispetto a un lungometraggio.
Qual è il suo stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, deve rinunciare ad una scena ben fatta?
È sempre una scelta difficile, ti resterà sempre il dubbio della scelta giusta. Bisogna mettere al centro la storia, lasciando da parte il proprio ego da regista. Lasciarsi guidare dalla storia è sempre la soluzione migliore, perché in qualche modo essa ti fa capire quando una sequenza può essere tagliata.
Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?
L’interesse del pubblico è basilare ovunque, non solo in Italia. È chiaro che in una situazione di scarsezza di fondi come la nostra, spesso diventa vincolante piacere al pubblico. Sono convinto che con una migliore ridistribuzione dei fondi ci sarebbe più spazio per sperimentare, anche se va riconosciuto che nell’ambiente più indipendente la passione e la voglia di sperimentare non mancano, basti pensare all’esempio di Red Krokodil di Cristopharo.
8. Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…
Il Cinema di Sorrentino è tra i miei preferiti, quindi non posso che essere di parte.
Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?
Sicuramente soddisfazione perché è un riconoscimento al lavoro mio e di tutto il mio gruppo. È uno stimolo a continuare su questa strada, a cercare di migliorare, un’occasione per confrontarsi con gli altri. Un buon punto di partenza.
Prossimi progetti? Il sogno nel cassetto?
Tanti. Un cortometraggio in fase di post-produzione, uno in fase di pre-produzione, uno in fase di scrittura.
Il sogno nel cassetto è il primo lungometraggio, nel cassetto in senso letterale dato che è già pronto e aspetta solo di essere girato.