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“Abbracciami”, regia di Elia Moutamid
In lizza per la conquista del premio cinematografico più ambito d’Italia c’è “Abbracciami”, cortometraggio di Elia Moutamid. Sangue arabo, cuore italiano, il regista proverà a mettere in difficoltà la giuria del David. Conosciamolo meglio.
Cominciamo subito con la domanda di presentazione. Chi è …?
“Sono un bresciano incastonato nel corpo di un arabo…”, beh così mi piace definirmi. Italomarocchino, nato nella medina di Fes nel natale dell’82, solo due mesi dopo ho aperto gli occhi a Rovato, un piccolo paese della provincia di Brescia, dove sono cresciuto e dove risiedo. Ho da sempre coltivato una grande curiosità e passione per “l’immagine” la “fotografia”, immortalare e farmi immortalare, via via le cose cambiavano e dall’immagine statica mi sono avvicinato ai 25 fotogrammi per secondo. Adoro il cinema, il linguaggio cinematografico, straordinario ed affascinante. Quando l’ho capito, ho cominciato ad approfondire le mie conoscenze e la mia formazione. Ho studiato regia cinematografica a Milano, e dal 2008 mi diletto nella realizzazione di cortometraggi e piccoli documentari.
Tre domande da appassionato: qual è il suo regista preferito e il film/cortometraggio che non smetterebbe mai di rivedere? Perché?
L’unico, grande, indiscusso, quindi regista preferito è Stanley Kubrick. Nel cinema non esistono “geni” esistono grandi direttori/coordinatori dotati anche di grandi capacità creative, questo vuol essere un regista. Ma per Stanley, è diverso, quell’uomo era oltre, su un altro pianeta.
Il film che rivedrei sempre, è “Caro Diario” di Nanni Moretti, perché mi regala tutti gli stati d’animo possibili.
Da dove nasce l’idea per un cortometraggio? Dove trova gli spunti per realizzare le sue opere?
Se devo parlare di me, le mie idee nascono sempre da delle sottoidee del progetto principale. Mi spiego meglio. Comincio a stilare un progetto, mi appassiono, sto per cominciare la realizzazione… mi affascina un dettaglio, una cosa piccola, non funzionale al fine del progetto e tac parte un’altra idea come un fiume, un’intuizione che come una freccia deve colpire il bersaglio. Tutto questo per dire che le idee che mi sono venute nascono quasi sempre da un dettaglio. Nel caso di Abbracciami, però il tutto nasce da un racconto comico ed estremamente ironico (registro che adoro) che ho letto sul web. Con questo corto volevo usare il linguaggio cinematografico per raccontare una barzelletta… non priva di un sottile sottotesto.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?
La cosa più facile: incoraggiare la troupe e gli attori.
La cosa più difficile: far funzionare la troupe e gli attori. Dire la cosa giusta sempre.
Corto è davvero più bello?
È una sfida. Il corto più è corto e più è affascinante, incisivo, spietato. È una grande scuola.
Qual è il suo stato d’animo quando, per necessità di lunghezza della pellicola, deve rinunciare ad una scena ben fatta?
Molto rammarico. Rinunciare ad una scena che ho scritto e che per istinto so che poteva funzionare e dare un valore aggiunto all’intera economia del film, beh è una pugnalata. Mi è successo con Abbracciami appunto. È un brutto stato d’animo, perché c’è il pentimento ed il dubbio, a volte anche un po’ di rabbia.
Nell’ambito del cinema italiano, in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?
Questa è una bella domanda.
Produrre un film in Italia (o altrove) costa molto. Non è solo costoso ma anche rischioso, perché è considerato un investimento rischioso, ovviamente quando si tratta di un regista emergente o ad un’opera prima. Penso che un regista debba conservare la sua determinazione come artista in primis, ma che ragioni anche con gli occhi del produttore, quindi il “compromesso” non va visto solo come un vincolo negativo. E’ la determinazione che fa tutto, con quella chiunque ti può ascoltare anche il produttore più scettico e che bada solo agli incassi. Il cinema è un linguaggio, ha una sua grammatica, una sua etica, un buon regista deve rispettare queste regole e girare film divulghino un messaggio costruttivo, sotto qualsiasi registro: commedia, drammatico, documentario.
Non può mancare una considerazione per l’oscar di Paolo Sorrentino…
Ho visto il film uscito nelle sale e mi è piaciuto molto.
Sono felice che abbia vinto questo film, sono contento che lo abbia vinto Sorrentino perché è uno dei miei registi italiani preferiti, ed ovviamente sono contento per il cinema italiano che ancora una volta ha saputo difendersi con orgoglio.
Il David di Donatello è uno dei premi artistici nazionali più importanti. Cosa si prova ad essere inseriti tra i possibili vincitori della statuetta?
Non amo fare pronostici o farmi illusioni. Penso che sia sicuramente il riconoscimento più alto che un regista possa ricevere in Italia, quindi è chiaro che deve essere un emozione grandissima oltre che una buona dose di energia per i progetti futuri. Io ci provo, vediamo cosa ne penserà la giuria! È chiaro che essere tra i selezionati sarebbe bellissimo, un grande stimolo.
Prossimi progetti? Il sogno nel cassetto?
Sto scrivendo con l’aiuto di due sceneggiatori il mio primo lungometraggio. Il sogno nel cassetto: girarlo!