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“Anna”, regia di Giuseppe Marco Albano
Ha solo 29 anni ma ha già avuto un certo successo nel mondo dei corti con “Stand by me”. Quest’anno è in gara con un nuovo lavoro, “Anna”, per mettere in difficoltà ancora una volta la giuria del David. Si chiama Giuseppe Marco Albano ed è originario di Cisternino, in provincia di Brindisi. Conosciamolo meglio.
Finora dove ha trovato i protagonisti per le sue storie?
Per strada, oppure guardando altri film, che solitamente è quello che faccio tutto il giorno tutti i giorni. Anche se spesso, lavorando come assistente o come aiuto, ho conosciuto attoriattrici che mi hanno colpito umanamente a tal punto da scrivere qualcosa pensando a loro. L’umanità è più importante di qualunque forma di talento. L’attore può essere bravo, ma se non c’è stima reciproca, feeling o sensibilità simili, non si va da nessuna parte, rischi solo di rovinare una bella storia.
È capitato che abbia cambiato idea su come procedere in fase di scrittura della sceneggiatura?
Assolutamente si, non smetto mai di cambiare le cose, dall’ideazione, passando per la scrittura, capita spesso durante la lavorazione (messa in scena e direzione degli attori) che cambio idea ascoltando i consigli utili da parte di tutti, ogni consiglio è fondamentale, ascolto tutti, dall’attore all’elettricista. Il cinema è un lavoro di squadra se non lo si fa insieme agli altri si rischia di sbagliare.
Quale corto di sua realizzazione offrirebbe come biglietto da visita ad un produttore cinematografico?
Probabilmente “Stand by me” il cortometraggio che mi ha portato più successo e riscontro positivo sia di critica che di pubblico, mi ha permesso di entrare in cinquina ai David di Donatello nel 2011 e ha ottenuto il Nastro D’Argento 2012, oltre ad essere stato selezionato in centinaia di Festival Italiani ed Internazionali.
Ne vado fiero perché è costato soli 2 mila euro e sono stato io stesso il produttore e il distributore del cortometraggio.
Quale fase lavorativa la impegna maggiormente?
L’organizzazione di un cortometraggio se non hai una produzione che segue tutta la lavorazione, diventa molto impegnativa, a volte stressante, togliendoti le energie per la fase delle riprese (messa in scena).
Bisogna essere bravi a conservare le forze e a mantenere la calma per i giorni delle riprese. Anche se è importante sottolineare che ogni fase della lavorazione è fondamentale, dall’ideazione alla finalizzazione della post-produzione.
Che rapporto hanno le generazioni digitali con il cortometraggio?
Faccio parte di questa generazione, ho 29 anni ed ho conosciuto ogni cosa grazie al digitale, altrimenti non avrei fatto tutto ciò che son riuscito a fare in pochi anni con poco o quasi niente, mettendoci amore e passione. Dobbiamo essere grati, noi giovani, al digitale; non si spiegherebbero i centinaia di registi e autori che ci sono in circolazione. Le generazioni passate ahimè, hanno avuto la fortuna di imprimere le loro storie su pellicola, però chissà quante storie sono rimaste nei cassetti.
La selezione del casting come avviene?
Non amo particolarmente fare i provini, mi definisco un “racconta-storie”, non riuscirei a raccontare qualcosa che non viene fuori da me, che non penso, che non scrivo io ma lo fa qualcun’ altro. Mentre scrivo immagino già chi potrebbe interpretare quel ruolo o quel determinato personaggio, per questo è importante guardare molto cinema, è lì che trovi i tuoi futuri attori. I casting per me sono un dettaglio, li utilizzo soltanto in caso di emergenza.
Il corto è ancora lo strumento di promozione per un regista emergente?
Il corto è uno stile narrativo, una forma di linguaggio, un’opera d’arte.
Grandi maestri del cinema a 90 anni girano cortometraggi, anche se tutti iniziano così, forse perché è il modo più semplice per arrivare in poco tempo agli occhi del critico, alla bocca del pubblico e al portafogli del produttore. Oggi bisogna essere imprenditori di se stessi, siamo davvero tanti a fare o a cercare di fare questo “mestiere”, bisogna essere scaltri e avere sempre la chiave giusta per aprire ogni porta.
È possibile, spinti dalla sola passione, realizzare un corto di successo?
Assolutamente sì, la passione è tutto, il cinema rappresenta l’amore per la vita, il resto sono solo futili e spesso complicati dettagli.
Quanto denaro è necessario per la realizzazione di un cortometraggio?
Se si è bravi non solo a fare i registi ma anche a fare gli attori…basta poco per convincere gli addetti ai lavori a lavorare per te gratuitamente o a poco. Dipende dalla stima che hanno di te e soprattutto dipende da quale storia proponi, anche se sono sempre più convinto che qualunque storia può diventare un capolavoro, basta raccontarla nel modo più giusto.
Le agenzie ed i festival nazionali che ruolo hanno oggi?
La domanda è: “il ruolo che dovrebbero avere?”
Quello di valorizzare i talenti veri e chi fa tutto con amore da sempre, meritocrazia, giustizia e verità sono la soluzione al problema culturale Italiano, partiamo dai Festival di Cinema per cercare di cambiare qualcosa.
In bocca al lupo ad ogni Festival Italiano, da quello di provincia ai David di Donatello.